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  1. I babbuini sanno "leggere": clamoroso esperimento in Francia.

    By Filippo Foti il 17 April 2012
     
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    Sei babbuini in un laboratorio francese hanno distinto parole reali inglesi da quelle false. Abilità tipicamente da umani sarebbe quindi comune, per certi aspetti, anche ai primati che possono "leggere" senza saper parlare!?



    In un laboratorio francese, sei babbuini hanno imparato a distinguere la differenza tra vere parole inglesi e quelle senza senso. Essi possono ordinare questo termine wasp (vespe: zoologia) da telks, anche se non hanno idea che il primo significa un insetto pungente ed il secondo non significa nulla di rilevante. Non capiscono la lingua, ma possono "leggere" comunque.

    I primati non hanno capacità linguistiche, però possono imparare a riconoscere i modelli, uno degli elementi base della lettura, riuscendo a distinguere parole di senso compiuto da successioni di lettere senza senso. Le lettere non sono diverse da qualsiasi altro oggetto nel nostro ambiente che possiamo riconoscere. Un piccione, ad esempio, può essere addestrato a scegliere tra le lettere di corrispondenza. Questo della "lettura" è un dato che evidenzia che i primati sono abili in questo campo.


    Nello studio condotto da ricercatori del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (Cnrs) francese insieme a colleghi di psicologia cognitiva dell'Università di Marsiglia, e pubblicato nella prestigiosa rivista Nature, Jonathan Grainger ha osservato il comportamento di sei babbuini davanti a postazioni con computer a schermi touch screen ad esercitarsi al computer, su cui vedevano apparire successioni di termini di quattro lettere in lingua inglese.


    I babbuini avevano la possibilità di indicare, cliccando, se si trattava di una termine vero o di uno senza alcun significato, ricevendo subito dopo una ricompensa se indovinavano la risposta esatta.
    Questi primati, oggetto di questo clamoroso esperimento, vivono in una struttura unica progettata da Joel Fagot, dove ha fatto volontariato per gli esperimenti. Il suo lavoro mira a comprendere la percezione (raggruppamento percettivo), l'attenzione, la memoria, la formazione dei concetti e dei processi di categorizzazione nei primati e specificatamente per questa ricerca nel babbuino.

    Cliccami, sono Dan, il più bravo...Il video riassume il contenuto del post.



    Come avete visto nel breve filmato, le casse acustiche, incluse nei touch-screen, lampeggiano mostrando una vera e propria parola di quattro lettere in inglese, come "done" (fatto), "land" ('terra) o "great" (grande), o parole senza significato, come "dran", "Lons" o "virt". Il babbuino ha dovuto classificare le parole e non parole, toccando una delle due forme. Se davano la risposta giusta, guadagnavano una gustosa ricompensa.


    Jonathan Grainger ha dunque potuto dimostrare che il trattamento ortografico può avvenire senza alcuna conoscenza della lingua. A distanza di poco più di un mese e mezzo, i babbuini hanno imparato a riconoscere diverse parole tipiche del linguaggio umano e di senso compiuto, distinguendole da termini privi di significato e dando risposte corrette nel 75% dei casi.


    Il più fortunato o bravo dei sei babbuini di nome Dan ha costruito un vocabolario composto di 308 parole.
    Grainger pensa che i babbuini hanno imparato a riconoscere le parole vere dalle false, utilizzando le frequenze di combinazioni di lettere al loro interno. Hanno imparato che le combinazioni più probabili di essere trovate si trovano in parole vere, e di conseguenza fatto le loro scelte.

    Jonathan Grainger

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    Non trovo poi così "clamoroso" l'esito dell'esperimento con i babbuini. Sembra clamoroso solo per i pregiudizi della cultura occidentale, dove si continua a considerare diverso (o addirittura "opposto") l'umano dall'animale. Noi siamo animali, le differenze sono soltanto "medie" e quantitative. I babbuini non hanno organi per un linguaggio di tipo articolato, ma sono prontissimi ad altri tipi di comunicazione. La differenza media fra un umano e uno scimpanzè bonobo è dell'ordine dell'uno per cento. Anche l'etica dovrà tenere conto di queste conoscenze, un giorno o l'altro. Speriamo.
     
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